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Barbaros

INTRODUZIONE La Mutazione Barbarica non lascia scampo a nessun ambito del vivere umano. Barbaros è la metafora che aiuta a spiegare l’invasione culturale in atto. Barbarico è il contro linguaggio che prova a raccontare gli albori di una nuova civiltà. IDENTIKIT DEL BARBARO La storia etimologica Barbaro (in greco βάρβαρος, passato in latino come barbarus) è la parola onomatopeica con cui gli antichi greci indicavano gli stranieri (letteralmente i “balbuzienti”), cioè coloro che non parlavano greco, e quindi non erano di cultura greca. La stessa sillaba ripetuta che forma la parola (bar-bar) fa riferimento ad un suo altro significato affine: balbettante, a riprodurre quelli che agli ellenofoni (pur mancando l’unità politica tra le polis, i Greci si consideravano un’unica entità culturale proprio sulla base della lingua comune) sembravano dei versi inintelligibili ed addirittura animaleschi; ad esempio, Erodoto usa per descrivere la lingua di un popolo Etiope il verbo “τρίζειν”, normalmente usato per riferirsi al verso del pipistrello. Da qui nacque la distinzione tra Grecia e barbari. Il termine assunse un significato più strettamente correlato all’aspetto etnico ed ideologico nella Roma repubblicana, in cui veniva accentuata, rispetto all’uso greco, la “missione civilizzatrice” del popolo romano (In età monarchica, invece, Roma era ancora difficilmente riconoscibile nell’eterogenea miriade di popoli del tempo, in cui ogni civiltà era profondamente influenzata da quelle dei vicini). In età imperiale il vocabolo avrebbe riassunto il significato ellenistico, con l’aggiunta di una certa sfumatura anche culturale (ad esempio, la mancanza di leggi scritte, di un alfabeto, ecc., erano le prerogative principali del barbaro, unite ad un fermo e testardo rifiuto dell’ordine romano, simboleggiato dal sistema legislativo romano). Nel mondo greco-romano, insomma, il termine “barbaro” era uno strumento essenziale che i popoli greci, prima, e romani, poi, utilizzavano per definire sé stessi, prendendolo come pietra di paragone, in quanto “anormale” rispetto agli standard, per poter definire la “normalità”. Tale caratteristica non fu mai esclusiva del pensiero mediterraneo, o anche semplicemente europeo, ma fu il risultato del naturale etnocentrismo di varie civiltà del mondo antico, e in certi casi anche cronologicamente successivo. ma Taziano pone in rilievo la superiorità della cultura dei barbari rispetto a quella vana dei filosofi greci. Sono infatti molteplici le invenzioni o le usanze apprese dai barbari in Europa: mentre i Romani cavalcavano a pelo o su di una coperta, i barbari utilizzavano già una sella e delle staffe; mentre i Romani conservavano il vino nella terracotta e lo allungavano con acqua calda e salata, i barbari lo conservavano in botti di legno; furono i barbari ad introdurre la birra, prodotta con il luppolo; furono i barbari ad introdurre le brache, ossia i pantaloni, al posto delle tuniche. [1] Poiché con il IV secolo l’Impero Romano cominciò a divenire cristiano, barbaro cominciò ad assumere il significato di non romano (giacché non cristiano). In questo periodo barbare per antonomasia furono quelle popolazioni (Vandali, Eruli, Unni, Visigoti, Ostrogoti, Goti, ecc.) che dalle loro terre di origine, solitamente localizzate nell’Europa settentrionale, scesero a ondate nell’Impero. Questi barbari approfittarono della crisi in cui già versava l’Impero e ne accelerarono la decadenza fino alla dissoluzione: oltre alle guerre, ai saccheggi e alle distruzioni, finirono con il fondare dei veri e propri stati, spezzando l’antica unità dell’Impero e dando inizio ai regni romano-barbarici. Oggi la parola barbaro è normalmente utilizzata nel senso di “selvaggio”. Il sostantivo “barbarismo”, invece, stigmatizza l’uso inutile di una parola straniera nel parlare o scrivere. (l’arte è inutile) Non va quindi confuso con solecismo che indica una violazione delle regole della grammatica. Wikipedia DESCRIZIONE Chi è oggi il barbaro Tutti a sentire nell’aria un’incomprensibile apocalisse imminente; e, ovunque, questa voce che corre: stanno arrivando. Vedo menti raffinate raccontare una terra saccheggiata da predatori senza cultura né storia: I Barbari. Potrebbe essere, il normale duello fra generazioni, i vecchi che resistono all’invasione dei più giovani, il potere costituito che difende le sue posizioni accusando le forze emergenti di barbarie, e tutte quelle cose che sono sempre successe e abbiamo visto mille volte. Ma questa volta sembra diverso. È cosi profondo il duello, da sembrare diverso. Di solito si lotta per controllare i nodi strategici della mappa. Ma qui, più radicalmente, sembra che gli aggressori facciano qualcosa di molto più profondo: stanno cambiando la mappa. “Il timore di essre sopraffatti e distrutti da orde barbariche è vecchio come la storia della civiltà. Immagini di desertificazione, di giardini saccheggiati da nomadi e di palazzi in sfacelo nei quali pascolano le greggi sono ricorrenti nella letteratura della decadenza dall’antichità fino ai giorni nostri.” Wolfgang Schivelbusch (la cultura dei vinti) Ques’ultima Invasione/mutazione Barbarica affonda le sue radici nel ‘800: “Eleganza, purezza e misura, che erano i principi della nostra arte, si sono gradualmente arresi al nuvo stile, frivolo e affrettato, che questi tempi, dal talento superficiale, hanno adottato. Cervelli che, per educazione e abitudine, non riescono a pensare a qualcosa d’altro che i vestiti, la moda, il gossip, la letteratura di romanzi e la dissipazione morale, fanno fatica a provare i piaceri, più elaborati e meno febbrili, della scienza e dell’arte. Beethoven scrive per quei cervelli, e in questo pare che abbia un certo successo, se devo credere agli elogi che, da ogni parte, sento fiorire per questo suo ultimo lavoro”. Critico londinese su The Quarterly Musical Magazine and Review Tra qualche generazione Fedez potrebbe essere considerato come noi oggi consideriamo Beethoven. Può sembrare assurdo ma beethoven e fedez combattono la guerra dalllo stesso fronte, sono entrambi barbari e il loro pubblico può rappresentare uno specchi dell’identikit del barbaro. IDEE DI FONDO I Barbari ci sono sempre stati. Si può aver mutato solo parte dei geni in geni barbari, si può essere barbari anche solo per certi aspetti. Stiamo muutando in barbari le nuove generazioni hanno più possibilità di nascere direttamente barbaro. Barbaro non è la definizione di nessun gruppo di persone ma è la percezione comune di una catastrofe barbarica. Barbarico è il contro linguaggio I Barbari non sono incolti, non sono incivili, hanno una nuova civiltà che può risultare al comune pensiero, barbarica. TESI DELLE BARBARIE 1 AUMENTA LA QUANTITà DIMINUISE LA QUALITà SI TENDE ALLA MEDIETà Il calo della qualità ha coinciso con un aumento della quantità. Da quando c’è in circolazione un vino semplice e spettacolare, ci sono in giro molte più persone che bevono vino. Tendenza alla medietà Tutti sanno fare tutto e quindi non sanno fare niente 1.1Semplificazione linguistica, i barbari usano una lingua nuova. Tendenzialmente più semplice. 2SPETTACOLARIZZAZIONE COME VALORE l’idea che per raggiungere l’alta nobiltà del valore vero si debba passare per un tortuoso cammino se non di sofferenza quanto meno di pazienza e apprendimento. I barbari non hanno questa idea. La spettacolarità diventa un valore. Il valore. 3COMMERCIALIZZAZIONE SPINTA PERDITA DEI VALORI In questo caso, come in molti altri, la perdità dell’anima sembra essere il prezzo da pagare per espandere un business altrimenti in difficoltà. Semplice: commercializzazione spinta uguale perdita dell’anima. Se una cosa vende molto vale poco. (L’adesione irrazionale a un principio del genere è probabilmente uno dei peccati capitali di ogni grande civiltà nella propria fase di decadenza.) L’anima si perde quando si punta ad una commercializzazione spinta. 4PERDITA DELL’ANIMA ,dei valori, del SENSO IMMOBILE E FRUIZIONE DELLA CONOSCENZA. Perdita dell’anima Perdita del senso unico Diversa fruizione della conoscenza Es. Commercializzazione spinta nel mondo dell’editoria, con un aumento di scrittor star spettacolarizzare, aumento non libri per non lettori, perdita di valori, megastor per piccolo libraio. Calcio prima erano proprietaria piccole famiglie borghesi adesso grosse multinazionali, i calciatori erano atleti adesso sono star, non ci sono più i valori. TUTTO Ciò Può SEMBRARE UNA BARBARIE MA IN REALTà è L’INIZIO DI UNA NUOVA CICILTà NUOVA CIVILTà PREMESSE Complice una precisa innovazione tecnologica, un gruppo umano sostanzialmente allineato al modello culturale imperiale(modello americano), accede a un gesto che gli era precluso, lo riporta istintivamente a una spettacolarità più immediata e a un universo linguistico moderno, e ottiene cosi di dargli un successo commerciale stupefacente. (Baricco) CONTRO CULTURA C’è una rivoluzione tecnologica che d’improvviso rompe i privilegi della casta che deteneva il primato dell’arte. (Baricco) Una certa massa di persone invada un territorio a cui. Fino ad allora, non aveva accesso: e quando prendono posto non si accontentano delle ultime file: spesso, anzi, cambiano film, e metto su quello che piace a loro. 1MEDIETà Fisiologica Aumento della popolazione mondiale dal 100 ac al 700 100mil 900mil 2020 8miliardi. Se tutti devono fare tutto, è difficile che tutti riescano a fare tutto benissimo: ed ecco la famosa tendenza alla medietà, tipica delle mutazioni barbare. La medietà è deprimente, per definizione, ma non lo è per i barbari, per una ragione bene precisa: la medietà è una struttura senza spigoli in cui può passare un maggior numero di gesti. Zambrotta non difenderà come Burnich, ma quante cose fa, in più? La regressione di una capacità genera una moltiplicazione di possibilità. Perché queste possibilità diventino reali, è necessaria ancora una cosa: la velocità. Per fare accadere tutto in qualsiasi parte del campo, devi correre veloce, giocare veloce, pensare veloce. La medietà è veloce. Il genio è lento. Nella medietà il sistema trova una circolazione rapida delle idee e dei gesti: nel genio, nella profondità dell’individuo più nobile, quel ritmo è spezzato. Un cervello semplice trasmette messaggi più velocemente, un cervello complesso li rallenta. (Baricco) 1.1L’adozione di una lingua moderna come lingua base di ogni esperienza, come precondizione a qualsiasi accadere. La semplificazione, la superficialità, la velocità, la medietà. La pacifica assuefazione all’ideologia dell’impero americano. (Baricco) SOLDI ECONOMIA Il business è il motore della conquista. (Baricco) Valori e virtù Nichilismo: manco lo scopo manca il perché tutti i valori si svalutano, che i lvalori si sivalutano non è un problema. La storia va avanti perché determinati valori… con la parola valori non dobbiamo “Penso che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore, anche perché, non ho mai capito malgrado la mia età, cosa sia esattamente la virtù e che cosa esattamente sia l’errore. Perché basta spostarsi di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi, nello spostarci nel tempo. C’erano morali nel medioevo che oggi non sono assolutamente riconosciuti. Oggi noi ci lamentiamo, vedo che c’è un gran tormento sulla perdita dei valori, bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani di oggi non abbiano più valori, hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri.” Tutto questo per dire che io non ho nessuna verità assoluta in cui credere, che non ho nessuna certezza in tasca e quindi non la posso regalare a nessuno, mi va già molto bene se riesco a regalarvi qualche emozione, Fabrizio De Andrè L’Esperienza nel suo senso più alto e salvifico, era legata alla capacità di accostarsi alle cose, una per una, e di maturare un’intimità con esse capace di dischiuderne le stanze più nascoste. Spesso era un lavoro di pazienza, e perfino di erudizione, di studio. Ma poteva anche accadere nella magia di un istante, nell’intuizione lampo che scendeva fino in fondo e riportava a casa l’icona di un senso, di un vissuto effettivamente accaduto, di un’intensità del vivere. Era comunque una faccenda quasi intima fra l’uomo e una scheggia del reale: era un duello circoscritto, e un viaggio in profondità. Sembra che per i Barbari, al contrario, la scintilla dell’esperienza scocchi nel veloce passaggio che traccia tra cose differenti la linea di un disegno. È come se nulla, più, fosse esperibile se non all’interno di sequenze più lunghe, composte da differenti “qualcosa”. Perché il disegno sia visibile, percepibile, reale, la mano che traccia la linea dev’essere un unico gesto, non valga successione di gesti diversi: un unico gesto completo. Per questo deve essere veloce, e cosi fare esperienza delle cose diventa passare in esse giusto per il tempo necessario a trarne una spinta sufficiente a finire altrove. Se su ogni cosa il barbaronsi soffermasse con la pazienza e le attese del vecchio uomo con i polmoni, traiettoria si disferebbe, il disegno andrebbe in pezzi. Cosi il barbaro ha imparato un tempo, minimo e massimo, in cui dimorare nelle cose. E questo lo tiene inevitabilmente lontano dalla profondità, che per lui è ormai un’ingiustificata perdita di tempo, un’inutile impasse che spezza la fluidità del movimento. Lo fa allegramente perché non è li, nella profondità, che trova il senso: è nel disegno. E il disegno o è veloce, o non è nulla. In generale i Barbari vanno dove trovano sistemi passanti. Nella loro ricerca di senso, di esperienza, vanno a cercarsi gesti in cui sia veloce entrare e facile uscire. Privileggiano quelli che invece di raccogliere il movimento, lo generano. Amano qualsiasi spazio che generi un’accellerazione. Non si muovono in direzione di una meta, perché la meta è il movimento. Le loro traiettorie nascono per caso e si spengono per stanchezza: non cercano l’esperienza, lo sono. Quando possono, i barbari costruiscono a loro immagine i sistemi in cui viaggiare: la rete, per esempio. Ma non gli sfugge che la gran parte del terreno percorribile è fatto da gesti che loro ereditano dal passato, e dalla loro natura: vecchi villagi. Allora quel che fanno è modificarli fino a quando non diventano sistemi passanti: noi chiamiamo questo, saccheggio. Vi ricordate quando si andava in giro per villaggi saccheggiati? Adesso abbiamo capito che tutto ciò che registravamo come distruzione era in realtà una sorta si ristrutturazione mentale e architettonica: quando il barbaro arriva li tende a ricostruire, col materiale che ha trovato l’unico habitat che gli interessa: un sistema passante. In pratica svuota, alleggerisce, velocizza il gesto a cui si sta applicando, fino a quando non ottiene una struttura sufficeientemente aperta da assicurare il transito di un qualche movimento. Adesso sappiamo perché lo fa: la sua idea di esperienza è una traiettoria che tiene insieme tessere differenti del reale. Quell’istinto al laicismo, che polverizza il sacro in una miriade di intensità più leggere e prosaiche. La stupefacente idea che qualcosa, abbia senso e importanza solo se riesce a inserirsi in una più ampia sequenza di esperienze. (Baricco) ANIMA Dopo secoli di madonne, deposizio e annunciazioni, gli artisti iniziarono a dipingere scene di vita quotidiana: uno vertiginoso salto in basso. Dalla madonna ai fagiani. Eppure anche li, quale immenso flusso di energia, di forza, di anima, se volete, si sprigionò da una mossa così barbara? I barbari vanno a colpire la sacralità dei gesti che aggrediscono, sostituendola con un consumo in apparenza più laico. Direi cosi: smontano il totem e lo disseminano nel campo dell’esperienza, disperdendone la sacralità. Il rito è moltiplicato, il sacro è diluito. Un sistema è vivo quando il senso è presente ovunque e in maniera dinamica: se il senso è localizzato e immobile, il sistema muore. Il barbaro non perde l’anima per caso, per leggerezza, o per un errore di calcolo, o per semplice miseria intellettuale: è che sta cercando di farne a meno. Per lunghissimo tempo l’occidente ha subordinato la rivendicazione di una qualche spiritualità umana alla benevolenza di un’autorità divina. Il luogo dello spirito era il campo della religiosità. Abbiamo chiamato Umanesimo l’istante, lunghissimo, in cui, ereditando intuizioni che venivano da lontao, un’èlite intellettuale inizio ad immagginarsi che l’omo portasse dentro di se un orizonte spirituale non riconducibile, semplicemente, alla sua fede religiosa. Ma non fu un’acquisizione facile ne scontata. Prima che diventasse realmente dominio collettivo, comune sentire, passarono secoli. La fatica con cui l’intellighenzia mise a fuoco gli strumenti per farla diventare reale, è nulla rispetto all’estraneità che per secoli la gente, la gente comune, dovette provare per una simile prospettiva. Ciò a cui pensiamo, quando diciamo anima, è qualcosa che in realtà è stato inventato abbastanza di recente. È un brevetto della borghesia ottocentesca. Furono loro a far diventare di dominio comune la certezza che l’umano avesse, in sé, il respiro di un riverbero spirituale, e custodisse, in sé, la lontananza di un orizzonte più alto e nobile. Dove lo custodiva? Nell’animo. Adesso occorre capire che ne avevano bisogno. Erano praticamente i primi, da secoli, che cercassero di possedere il mondo senza detenere un’aristocrazia di rango sancita in modo quasi trascendentale, se non direttamente per decreto divino. Loro avevano astuzia, intraprendeza, volontà. Ma non erano destinati al dominio, e alla grandezza. Avevano bisogno di trovare quel destino in se stessi: di dimostrare che una certa quale grandezza la possedevano senza bisogno che nessun altro gliela concedesse, né uomini, né re, né Dio. Il complesso di idee, mode, opere d’arte, nomi, miti ed eroi con cui fecero diventare questa ambizione un sentire collettivo e addirittura comune, noi lo chiamiamo Romanticismo. Dell’anima ci si deve sbarazzare al più presto: L’accesso al senso profondo delle cose prevedeva una fatica: tempo, erudizione, pazienza, applicazione, volontà. Si trattava, letteralmente, di andare in profondità, scavando la superficie petrosa del mondo. Nella penombra profumata dei propri studioli, la borghesia proprietaria replicava, senza sporcarsi le mani, quello che ai suoi tempi era il lavoro faticoso per eccellenza: quello del minatore. A un ascoltatore di vivaldi l’idea di risentire le quattro stagioni per capirle doveva sembrare come la pretesa di rivedere dei fuochi d’artificio per capire se erano stati belli. Ma la Nona pretendeva questo: il gesto della mente che ritorna sul suo oggetto di studio e fatica, e accumula nozioni, e scende in profondità, e alla fine comprende. Bisogna comprendere che questo genere di tour de force piaceva a monsieur Bertin, gli era assolutamente congeniale, e questo è facilmente spiegabile: la volontà e l’applicazione erano proprio le sue armi migliori, e, se vogliamo, erano ciò che faceva difetto ad una aristocrazia rammollita e stanca: se accedere al senso delle cose è una faccenda di determinazione, allora accedere al senso delle cose diventava quasi un privileggio riservato alla borghesia. Perfetto. Il fatto è che ormai la sproporzione fra il livello di profondità da attingere e la quantità di senso raggiungibile è diventata clamorosamente assurda. Se vogliamo, la mutazione barbara scocca nell’istante di lucidità in cui qualcuno si è accorto di questo: se effettivamente scelgo di dedicare tutto il tempo necessario a scendere fino al cuore della Nona, è difficile che mi resti del tempo per qualsiasi altra cosa: e, per quanto la Nona sia un giacimento immenso di senso, da sola non ne produce la quantità sufficiente alla sopravvivenza dell’individuo. È il paradosso che possiamo incontrare in molti studi accademici: il massimo della concentrazione su uno spigolo del mondo ottiene di chiarirlo, ma ritagliandolo via da tutto il resto: in definitiva, un risultato mediocre. È il paradosso che denunciano gli sguardi smarriti dei ragazzi, a scuola: hanno bisogno di senso, di semplice senso della vita, e sono anche disposti ad ammettere che Dante, per dire, glielo fornirebbe: ma se il cammino da fare è cosi lungo e faticoso, e cosi poco congeniale alle loro abilità, chi gli assicura che non moriranno per strada, senza mai arrivare alla meta, vittime di una presunzione che è nostra, non loro? Perché non dovrebbero cercarsi un sistema per trovare ossigeno prima e in modo a loro più congeniale? Cosi i Barbari si sono inventati l’uomo orizontale. Gli dev’essere venuta in mente un’idea del genere: ma se io impiegassi tutto quel tempo, quell’intelligenza, quell’applicazione a viaggiare in superficie, sulla pelle del mondo, invece di dannarmi a scendere in profondità? Non sarà che il senso custodito dalla Nona non diventerebbe visibile nel lasciarlo libero di vagare nel sistema sanguigno del sapere? Il serfer è una specie di sensore che insegue il senso la dove è vivo in superficie, e lo segue ovunque nella geografia dell’esistente, temendo la profondità come crepaccio che non porterebbe a nulla se non all’annientamente del moto, e quindi della vita. Pensate che non sia faticosa una cosa del genere? Il surfer non è un modo di eliminare la tensione spirituale dell’uomo, e di annientare l’anima. È un modo per superare l’accezione borghese, ottocentesca e romantica di quell’idea. Il barbaro cerca l’intensità del mondo, cosi come la inseguiva Beethoven. Quando penso a cosa può ridurre i barbari a smantellare tutto ciò, non riesco a evitare di pensare che c’entri anche – non solo, ma anche – la memoria di quel che è successo nel secolo scorso. Quasi la sedimentazione di una sofferenza immmane, generata da due guerre mondiali e una guerra fredda in bilico sull’olocausto nucleare. Come se si fossero passati di padre in figlio lo shock di quel lungo terrore, e si fossero giurati che quella cosa li, in quel modo, sarebbe più successa. Non la scambierei per una nuvova vocazione alla pace, non spererei tanto: ma credo, per quanto si asgradevole a dirsi, che quel lungo respiro di sofferenza abbia suggerito, inconsapevolmente, un sospetto radicato per il tipo di cultura che ha generato tutto quello, o quanto meno l’ha permesso, Si devono essere chiesti, nella maniera più semplice, e in qualche recesso nascondibile della loro mente: non sarà che proprio quella idea di spiritualità, e di culto della profondità, è alla radice di quel disastro? Domande del genere sono difficili da digerire: uno si immagina l’aria strafottente con cui l’ultimo arrivato, a digiuno di qualsiasi riflessione, bello fiero del proprio rudimentale equipagiamento mentale, scarica sul meglio dell’intelligenza ottonovecentesca la responsabilità di un disastro. Quando noi sappiamo che proprio un simile abbassamento della soglia di riflessione permise alle masse di scambiare un apparente buon senso per rivoluzionaria intelligenza, offrendo i propri cervelli a riposo al servizio di visioni deliranti. Ma ciò nondimeno, quella domanda registra un dubbio che in modo sotterraneo dev’essere maturato nel tempo sino a diventare tacito luogo comune: essa punta il dito su quella sconcertante continuità tra il sistema di monsieur bertin e l’orrore che, cronologicamente, ne seguì: e si chiede se sia stata solo una coincidenza. È logico immaginare che quella pretesa di spiritualità, di nobiltà d’animo e di pensiero, rappresentasse per molti borghesi un traguardo tanto necessario qunato impervio; ed è logico pensare che molta di quella tensione spirituale, cercata in vano da tanti individui in se stessi, sia defluità nella più agevole prospettiva di una spiritualità collettiva, generale: l’idea, alta, di nazione, se non addirittura di razza. Ciò che non era immediatamente rinvenibile nella pochezza dell’individuo, risultava evidente nel destino di un popolo, nelle sue radici mitiche, e nelle sue aspirazioni. Il fatto che una simile accumulazione di senso si sia concentrata maniacalmente su un ideale circoscritto e in fondo acerbo, quello della identità nazionale, può aiutare a capire come in un tempo relativamente breve la dofea di quel perimetro mentale e sentimentale sia diventata quiestuine si vita o di more. Una volta intrapresa una via quasi darwiniana in cui l’elemento spiritualmente più novile matirava il diritto al dominio, non era poi semplice fermarsi alla distanza giusta dal disastro, La cultura borgese, del resto, non sembrava avere in se gli antidoti ad una simile esclation. Al macello delle due guerre mondiali arrivavano, da protagoniste, culture come quella tedesca, francese, inglese, cioè esattamente quelle che avevano coniato la civiltà della profondità e dalla spiritualità laica: anche senza voler loro attribuire precise responsabilità, non è da deficenti notare una continuità sconcertante. Tanta intelligenza somma e applicazione sublime non abbiano reso più complicato concepire e realizzare un’idea come quella di Auschwitz. Che ci fosse un tallone d’achille, nel sistema di monsieur bertin, e che coincidesse proprio con la sua mancanza di antidoti, e quindi con la sua potenziale identità di veleno non arginabile, letale, era una cosa peraltro cje non era sfuggita ai più avveduti. Un modo per capire le avanguardie è capire come, sulla soglia del disastro, quegli uomini abbiano tentato in mente di smantellarla: quanto di usarne i principi fondanti per creare un con contromovimento che la salvasse dall’autodistruzione, In un certo senso sono state l’ultimo tentativo tecnicamente sofisticato di salvare l’anima riportandola a una possibile innocenza. Adesso noi sappiamo he fu un tentatito tanto raffinato qunato fallito. Quel che non successe fu che la gente – si, la gente – adottasse quelle voci come la propria voce. Le avanguardie pronunciavano le frasi di cui tutti avrebbero avuto bisogno, ma lo facevano in una lingua che non diventò la lingua del mondo. Oggi si contano sulle dita di una mano le opere che, nate in seno alle avanguardie, sono diventate icone collettive. I barbari non tengono in gran conto la storia. Ma certo la mossa istintiva con cui rifuggono dal potere salvifico dell’anima ha molto l’aspetto del bambino che evita il tubo di scappamento su cui si è bruciato. È qualcosa meno di un ragionamento: è una mossa nervosa, animale. Cercano un contesto (una cultura) in cui un secolo come il Novecento ritorni ad essere assurdo, come avrebbe dovuto apparire a quelli che lo frabbicarono. E se pensate ala surfing mentale, all’uomo orizontale, al senso disperso in superficie, all’arleggia per la profondità, allora qualcosa potete intuire dell’animane che va a cercarsi un habitat che lo ritenga al riparo dal disastro dei padri. Il tempo corto che i barbari riservano ai pensieri non sembre un sistema per vietarsi idee che possano generare idolatrie? E quel modo di cercare la cerità delle cose nella rete che intrattengono in superficie con altre cose, non sembra un’infantile ma precisa strategia per evitare di affossarsi in una verità assoluta e fatalmente di parte? E la paura per la profondità non è forse, anche, un riflesso condizionato dell’animale che ha imparato a sospettare di ciò che ha radici troppo profonde tanto profonde da avvicinarsi al pericoloso statuto del mito? E il continuo svilimento della riflessione, che va a cercarsi forma volgari o commistioni impensabili, non sembra figlio dell’istinto a portarsi dietro sempre un antidoto alle proprie idee, prima che sia troppo tardi? (Baricco) CONOSCENZA L’idea che il valore di un libro stia nel suo offrirsi come tessera di un’esperienza più ampia: come segmento di una sequenza che è partita altrove e che magari, finirà altrove. L’ipotesi che possiamo imparare è questa: i barbari usano il libro per completare sequenze di senso che sono generate altrove. I barbari tendono a leggere solo libri le cui istruzioni per l’uso sono date in posti che non sono libri. Il libro di per sé non è un valore: il valore è la sequenza. Google: sono più rilevanti le pagine verso cui punta un maggior numero di links. Le pagine che sono più citate da altre pagine. spettacolarizzazione Quel che insegna Google è che c’è oggi una parte enorme di umani per la quale, ogni giorno, il sapere che conta è quello in grado di entrare in sequenza con tutti gli altri saperi. Non c’è quasi altro criterio d iqualità, e perfino di verità, perché tutti se li ingoia quell’unico principio: la densità del senso è dove il sapere passa, dove il sapere è in movimento: tutto il sapere, nulla escluso. L’idea che capire e sapere significhino entrare in profondità in ciò che studiamo, fino a raggiungere l’essenza, è una bella idea che sta morendo: la sostituisce l’istintiva convinzione che l’essenza delle cose non sia un punto ma una traiettoria, non sia nascosta in profondità ma dispersa in superficie, non dimori dentro le cose, ma si snodi fuori da esse, dove realmente incominciano, cioè ovunque. In un paesaggio del genere, il gesto di conoscere dev’essere qualcosa di affine al solcare velocemente lo scibile umano, ricomponendo le traiettorie sparse che chiamiamo idee o fatti, o persone. Nel mondo della rete, a quel gesto hanno dato un nome preciso: surfing. La vedete la leggerezza del cervello che sta in bilico sulla schiuma delle onde? Mai nonmi furono più precisi. Viaggi al posto di immersioni, gioco al posto di sofferenza. Sapete da dove viene il termine greco, cerchio: avevamo in mente quello che continua a girare in cerchio perché ha perso qualcosa, e lo vuole trovare. Capo chino, sguardo su un fazzoletto di terra, tanta pazienza e un cerchio sotto i piedi che sprofonda a poco a poco. Che mutazione! (Baricco) VERITà che non c’è differenza tra la cultura raffinata e quella di massa, l’alta o la bassa cultura. Rifiuta i generi e le gerarchie, abbracciando invece la complessità, la contraddizione, l’ambiguità, la diversità, le interconnessioni e riferimenti incrociati. L’idea è non fingiamo che l’arte sia in grado di creare significato o anche solo che sia qualcosa di significativo, limitiamoci a giocare con l’assurdo. Tutto questo nasce dalla scoperta di un nuvo rapporto con la verità. In una prospettiva postmoderna, la verità non è una cosa ‘là fuori’, da scoprire, ma dev’essere assemblata, costruita. A volte ciò avviene in modo visibile, partendo da molte componenti diverse (per esempio quando gli scienziati raccolgono i risultati di molteplici studi); in altri casi in modo invisibile a opera della società, o di meccanismi culturali e altri processi che non possono individuare con facilità. Cosi quando qualcuno “dice la verità”, quello che sta di fatto dicendo è un assemblaggio di ciò che ha imparato a scuola, del suo background culturale, dei pensieri e delle opinioni che ha assorbito dal suo ambiente; in un certo senso, possiamo affermare che la sua cultura sta parlando attraverso di lui. Il discorso non appartiene all’essere parlante. Per questo motivo, in epoca postmoderna diventa più corretto e più sicuro assemblare la verità assieme ad altre persone anziché deciderla da sé. Un chiaro esempio ci è dato da lmetodo scientifico: qualunque scienzato può compiere un esperimento e dichiarare di aver fatto una scoperta sul mondo, ma gruppi di altri scienzati devono poi verificare – o valutare – quella verità prima che la si possa accettare. La verità, quindi, dev’essere assemblata da molte persone. Tuttavia, si ha sempre la consapevolezza che anche questa verità ultima potrebbe essere soltanto temporanea, un utile segnaposto che potrà poi essere cambiato o cestinato. (Bè perlomeno dovrebbe essere cosi: in realtà anche le scoperte scientifiche tendono a cristallizzarsi in dogmi.) Se si accetta questa prospettiva chiave del pensiero postmoderno, diventa immediatamente impossibile ritenere che un qualunque individuo possieda una conoscenza superiore. Non esiste nessuna verità assoluta: nessno conosce la verità, né può averne una migliore di quella di altri. Se un individuo – o un gruppo, Un’organizzazione, un governo – afferma di possedere la verità e ve la proclama, sta probbabilemnte cercando di sopraffarvi e di prendere il controllo su di voi. Con un termine che genera qualche confusione questi tipi di entità vengono indicati come modernisti. La modernità è incentrato sull’ordine : quanto più una società è ordinata, credono i modernisti, tanto meglio funziona. Se l’ordine è superiore, ne consegue che tutto ciò che promuove il disordine è sbagliato. Portato all’estremo, ciò significa che tutto ciò che differisce dalla norma – idee, credenze, persone – dev’essre escluso, o persino distrutto. Nella storia della cultura occidentale, questa visione è stata in genere applicata contro chiunque non fosse bianco, maschio, eterosessuale e razionale. Questo è uno dei motivi per cui ci sono ancora tensioni tra i sostenitori della verità assoluta per esempio la chiesa e le società secolarizzare e postmoderne. O tra un’entita come un governo non democratico che cerca di controllare la propria popolazione e internet, una tecnologia davvero postmoderna. Questo perché la postmodernità dispone di un’arma potente che può corrodere con estrwm facilità e rapidità le strutture moderniste costruite sulle verità assolute “vecchio stile”. LA DECOSTRUZIONE. Se ogni verità è costruita, la decostruzione diventa utile, estremamente utile: quando decostruiamo qualcosa, i suoi significati, le sue intenzioni e i suoi obbiettivi si separano e salgono in superficie molto in fretta, e tutto diventa immediatamente chiaro. Prendiamo un romanco, per esmpio. Possiamo decostruire la struttura del testo e la personalità dei protagonisti. Qundi possiamo decostruire la vita dell’autore, la sua psicologia, la sua cultura, e vedere come hanno ifluenzato il testo. Procedendu su questa strada, possiamo poi iniziare a lavorare sulla struttura del linguaggio e del pensiero umano; poi su un vasto strato di simboli, e quindi.. bè, non dobbiamo far altro che continuare a procedere… I sistemi di credenze e le strutture moderniste si proteggono dalle minacce della decostruzione con le grandi narrazioni, avvincenti storie che servono a spiegare e giustificare l’esistenza di un determinato sistema di credenze; il loro lavoro è quello di dissimulare e mascherare le contraddizioni, le instabilità e la spaventosa realtà della natura della vita umana. Liberate L’intera classe lavoratrice. Pace sulla terra. C’è un solo vero Dio. Hollywood è una sola grande famiglia felice. La storia è progresso. Un giorno conosceremo ogni cosa. Tutte queste sono grandi narrazioni. Tutte le società moderne – anche quelle basate sulla scienza – dipendono da questi miti. Il postmodernismo li rifiuta in via di principio, cercando invece delle mini narrazioni, delle storie che spieghino piccoli eventi locali; il tutto con la consapevolezza che qualunque situazione, per quanto piccola, in un qualche modo rifletto lo schema globale delle cose. Pensa globalmente e agisci localmente, in sostanza. In questo modo una scoietà post moderna, senza avvalersi della dissimulazione delle grandi narrazioni. Deve abbracciare i valori della postmodernità come propri valori chiave. Ciò significa che la complessità, la diversità, la contraddizione, l’ambiguità e l’interconnessione diventano elementi centrali. In termini sociali ciò implica un’assenza di gerarchie evidenti uguali diritti per utti l’accettazione della diversità multiculturalismo e l’ascolto di tutte le voci consenso generale. L’interconnessione si riflette nella nostra tecnologia e nelle nostre comunicazioni. Nel XXi secolo, tutto ciò che non può essere. Immagazzinato da un computer cessa di essere conoscenza. (Postmodernism, Information is beautifull, mc candless) Conclusione La rivoluzione industriale, il capitalismo, i valori molari, la dedizione al lavoro, allo studio e alla profondità delle cose, sono stati tutti utili per l’affermazione della borghesia sulla nobiltà. Cosi come oggi La rivoluzione digitale, La tecnica, la perdita dell’anima, la nuova fruizione fluida della conoscenza, la perdità del senso unico e immobile. Sono gli strumenti utili per il nuovo proletariato (leggasi barbari) di sbarazzarsi della cultura dominante (leggasi verità assolute, Dio, Denaro, capitalismo, partiti e democrazie, ). , ma ci sono delle insidie. Il postmodernismo galoppante crea una poltiglia grigia di nonsenso. La ricerca infinita del consenso generale crea paralisi. L’eccesso di connessione porta alla sturazione. Troppa diversità conduce alla disconnesione, la complessità al caos. Cosi, in mezzo a tutta queta confusione, chi siete voi? I valori personali post moderni non sono morali , ma sono i valori della partecipazione, dell’espressione di sé, della creatività. Il centro della spiritualità si sposta dall’esser certi di una verità assoluta alla ricerca di significato in un mondo caotico, l’idea è che tutto ciò che è stabile e permanente scompare. Il pavimento si sgretola sotto i vostri piedi. E voi restate li, a giocare con l’assenza di senso. Opportunità Arriva la parte difficile, diamo risposte. Apertura. Una parola che denota opportunità e possibilità. L’essere aperto, senza limiti, a cuore aperto,open source, la politica della porta aperta, il bar aperto. (Risate) 0:26Ovunque il mondo si sta aprendo ed è un bene. 0:30Perché sta succedendo questo? La rivoluzione tecnologica sta aprendo il mondo. 0:35L’Internet di ieri era una piattaforma per la presentazione di contenuti. L’Internet di oggi è una piattaforma di calcolo. Internet sta diventando un enorme computer globale e ogni volta che si va in Internet, si carica un video, si fa una ricerca con Google, si fa un remix, si riprogramma questo enorme computer globaleche tutti condividiamo. L’umanità sta costruendo una macchina, e ciò ci consente di collaborare in modi nuovi. La collaborazione può avvenire su scala astronomica 1:06Adesso anche una nuova generazione si sta aprendo al mondo. Iniziai ad osservare i ragazzini circa 15 anni fa, — anzi son passati 20 anni ormai — e notai come i miei stessi figli sapevano usare, senza difficoltà, tutta questa tecnologia sofisticata, e all’inizio pensai: “I miei figli sono dei prodigi!” (Risate) Ma poi vidi che tutti i loro amici erano uguali. La mia non era una buona idea. Iniziai a lavorare con qualche centinaio di ragazzini, e arrivai alla conclusione che era la prima generazione che cresceva nell’era digitale, immersa nei bit. La chiamai la Net Generation. Dissi che questi ragazzini erano diversi. Non temono la tecnologia perché per loro non esiste. É come l’aria. É come se uno dicesse, non ho paura del frigo. (Risate) 1:52Non esiste una forza più potente in grado di cambiare qualsiasi istituzione della prima generazione di nativi digitali. Io sono un immigrante digitale. Ho dovuto imparare la lingua. 2:02Anche la crisi economica globale sta aprendo il mondo. Le nostre opache istituzioni dell’era industriale,tutto, dai vecchi modelli delle corporazioni, al governo, i mass media, Wall Street, sta attraversando una fase diversa di stallo o congelamento, o di atrofia o sta addirittura fallendo. E ciò sta creando una piattaforma che brucia nel mondo. Pensate a Wall Street. Il modus operandi al cuore di Wall Street ha quasi fatto crollare il capitalismo mondiale. 2:31Ora, sapete cos’è una piattaforma che brucia, quando i costi per rimanere dove ci si trova superano i costi di un cambiamento verso qualcosa di diverso, forse verso qualcosa di totalmente diverso. Ma dobbiamo cambiare e aprire tutte le nostre istituzioni. 2:47È l’impulso della tecnologia, il calcio demografico di una nuova generazione e la forza della domanda di un nuovo ambiente economico globale, a determinare l’apertura del mondo. 2:58Credo proprio che siamo giunti a un punto di svolta nella storia dell’umanità, un momento in cui possiamo finalmente ricostruire gran parte delle istituzioni dell’era industriale attorno a una nuova serie di principi. 3:10Cosa vuol dire apertura? Beh, come vedremo, apertura ha molti significati diversi, e a ognuno di essi corrisponde un principio di trasformazione della civiltà. Il primo è la collaborazione. È l’apertura intesa come confini di organizzazioni che si fanno più porosi, fluidi e aperti. 3:34Vedete il tizio in figura — ora vi racconterò la sua storia. Si chiama Rob McEwen. Vorrei poter dire “Ho un gruppo di esperti, setacciamo il mondo alla ricerca di studi di casi straordinari.” Ma il motivo per cui conosco la sua storia è che è il mio vicino di casa. (Risate) Davvero, si trasferì nella casa di fronte alla nostra e diede un cocktail party per conoscere i vicini, e mi disse “Lei è Don Tapscott. Ho letto alcuni dei suoi libri.” Gli risposi, “Meraviglioso. Di cosa si occupa? E lui: “Beh, ero un banchiere ma adesso sono un cercatore d’oro.” E mi racconta questa incredibile storia. Prende possesso di una miniera d’oro ma i suoi geologi non sanno dirgli dove si trova l’oro. Stanzia altri fondi per la ricerca di dati geologici, ma al rientro, non sanno dirgli dove iniziare a scavare. Un paio di anni più tardi, è così scoraggiato che sta per mollare, ma un giorno gli viene un’idea. Pensa: “Se i miei geologi non sanno dove si trova l’oro, forse qualcun altro lo sa.” Allora fa qualcosa di “radicale”. Prende i dati geologici, li pubblica on line e dà inizio a una gara in Internet che chiama “Goldcorp Challenge”. In poche parole, un premio in denaro di mezzo milione di dollari a chi gli dice se c’è dell’oro, e, in caso affermativo, dove si trova? (Risate) 4:40Riceve risposte da tutto il mondo. Gente che si serve di tecniche mai sentite prima, e per il suo premio di mezzo milione di dollari in denaro, Rob McEwen trova oro per 3,4 miliardi di dollari. Il valore di mercato della sua azienda passa da 90 milioni a 10 miliardi di dollari, e ve lo posso dire io che sono il suo vicino, è un vero mattacchione. (Risate) 5:01Si sa, per la saggezza popolare il talento è interiore, giusto? Il vostro asset più prezioso va a spasso tutte le sere. Lui considerava il talento in modo diverso. “Chi sono i miei pari?” si è chiesto. Avrebbe dovuto licenziare il suo reparto di geologia ma non l’ha fatto. Vi dirò che alcune delle migliori risposte non erano di geologi ma di informatici e ingegneri. Il vincitore è stata una società di grafica al computer che ha costruito un modello in 3D della miniera, dove è consentito l’elitrasporto sottoterra. per vedere dove si trova l’oro. 5:32Il suo esempio ci fa capire che i social media stanno diventando un luogo di produzione sociale. Non si tratta di collegarsi online. È un nuovo modo di produzione in formazione. L’Ideagora che ha creato un mercato aperto, un agorà, per menti eccezionali, faceva parte di un cambiamento, un profondo cambiamento nella struttura profonda e nell’architettura delle nostre organizzazioni, e nel modo in cui orchestriamo la nostra capacità di innovare, per creare beni e servizi, per impegnarci con il resto del mondo, e, in termini di gestione, come creiamo il valore pubblico. Apertura vuol dire collaborazione. 6:09E, in secondo luogo, apertura vuol dire trasparenza. Questo è diverso. Qui, parliamo della comunicazionedi informazioni pertinenti ad azionisti di organizzazioni: dipendenti, clienti, partner commerciali, azionisti,e così via. 6:22Ovunque le nostre istituzioni stanno diventando nude. La gente è molto scossa dopo i Wikileaks, ma quella è solo la punta dell’iceberg. Ormai le persone, tutti, non solo Julian Assange, sanno come usarequesti potenti strumenti per scoprire cosa succede, analizzare a fondo, informare gli altri, e persino organizzare risposte collettive. Le istituzioni stanno diventando nude, 6:46e quando si sta per diventare nudi, beh, ne conseguono alcuni corollari. Per esempio, una buona forma fisica non è più un optional. (Risate) Se state per rimanere nudi, sarà meglio che diventiate salutisti. 6:58Voglio dire, dovrete avere dei valori buoni, perché il valore è messo in evidenza come non mai. Dite di avere dei prodotti buoni. Sarà meglio che lo siano per davvero. Ma dovete anche avere dei valori. Dovete avere l’integrità nelle ossa, e l’organizzazione nel DNA, perché in caso contrario, non potrete creare fiducia, e la fiducia è un sine qua non di questo mondo in rete. 7:20È un bene, non un male. La luce del sole è il miglior disinfettante, e ne abbiamo davvero bisogno in questo mondo inquieto. 7:30Il terzo significato. con il suo corrispondente principio di apertura, è la condivisione, che è diversa dalla trasparenza. Trasparenza vuol dire comunicazione delle informazioni. Condividere vuol dire rinunciare agli asset e alla proprietà intellettuale. 7:44Sono tante le storie famose su questo argomento. L’IBM ha dato 400 milioni di dollari di software al movimento Linux, e l’operazione le ha fruttato un compenso finale multimiliardario in dollari. 7:54In genere, si dice: “Beh, la nostra proprietà intellettuale ci appartiene, e se qualcuno prova a violarla, tiriamo fuori gli avvocati e li denunciamo.” Non ha funzionato molto bene per le etichette discografiche, vero? Voglio dire – c’è stata una rottura tecnologica, e anziché adottare un’innovazione del modello di business corrispondente, si è cercata, e presa, una soluzione legale, e ora l’industria che vi ha regalato Elvis e i Beatles sta denunciando i bambini e sta rischiando di crollare. 8:27Dobbiamo pensare alla proprietà intellettuale in modo diverso. 8:30Vi farò un esempio. L’industria farmaceutica è nei guai. Primo, perché non ci sono molte grandi invenzioniin cantiere, un grosso problema per la salute umana, ma anche perché deve fare i conti con un problema più grande, trovandosi a un passo dal cosiddetto “patent cliff”, lo scoglio dei brevetti. Ne avete sentito parlare? Perderanno dal 20 al 35% in termini di fatturato nei prossimi 12 mesi. Cosa fare allora, ridurre le spese per le graffette? No. 8:57Dobbiamo reinventare l’intero modello della ricerca scientifica. L’industria farmaceutica deve collocare i propri asset nei beni comuni. Deve condividere la ricerca precompetitiva. Deve iniziare a condividere i dati dei trial clinici, e creare così una marea crescente che sollevi tutte le barche, non solo per l’industria ma anche per l’umanità. 9:22Ora, il quarto significato di apertura, con il suo principio corrispondente, riguarda il trasferimento di poteri.Non mi riferisco alla maternità. La conoscenza, l’intelligenza indicano potere, e una maggiore distribuzione di potere comporta una concomitante distribuzione, decentralizzazione e disaggregazione del potere che è in corso oggi nel mondo. Il mondo aperto sta portando libertà. 9:48Considerate la Primavera Araba. Il dibattito sul ruolo dei social media e il cambiamento sociale si sono assestati. In una parola: Tunisia. Alla fine le parole erano molte di più. Ma nella rivoluzione tunisina, non sono stati i nuovi media a provocare la rivoluzione, ma l’ingiustizia. I social media non hanno originato la rivoluzione, che è opera di una nuova generazione di giovani che volevano lavoro e speranza e che non volevano più essere sudditi. 10:19Così come Internet riduce i costi di transazione e collaborazione per le imprese e il governo, abbassa anche il costo del dissenso, della ribellione, e persino dell’insurrezione in modi inconcepibili per la gente. 10:31Durante la rivoluzione in Tunisia, i cecchini associati al regime uccisero gli studenti armati in strada. Gli studenti prendevano i loro dispositivi mobili, scattavano una foto, triangolavano la posizione, e mandavano quella foto a unità militari amiche, affinché venissero a prendere i cecchini. Pensate che i social media siano un modo per stare in compagnia online? Per questi ragazzini, erano uno strumento militare per difendere la gente disarmata dagli assassini. Erano uno strumento di autodifesa. 10:58Come sapete, in questo momento, si stanno uccidendo molti giovani in Siria, e fino a tre mesi fa, se si veniva feriti per strada, un’autoambulanza ti veniva a prendere, ti portava in un ospedale, entravi con una gamba rotta, e ne uscivi con un proiettile in testa. 11:13Così in una ventina hanno creato un sistema sanitario alternativo, e si son serviti di Twitter e di altri strumenti basilari disponibili al pubblico, in modo che quando ci sono feriti, arriva una macchina, li va a prendere, li porta in una clinica medica di fortuna, dove ricevono le cure mediche anziché essere giustiziati. È un momento di grandi cambiamenti, 11:36non scevro di difficoltà. Fino a due anni fa, in tutte le rivoluzioni della storia umana c’era una leadership, e quando crollava il vecchio regime, la leadership e l’organizzazione prendevano il potere. Beh, queste rivoluzioni wiki avvengono così rapidamente che si viene a creare un vuoto, e i politici aborriscono il vuoto, ma forze non gradite possono riempirlo , in genere il vecchio regime, o gli estremisti, oppure le forze fondamentaliste. È quanto sta accadendo oggi in Egitto. 12:04Ma non importa, perché si va avanti. Il treno ha lasciato la stazione. Il gatto è uscito dalla borsa. Il cavallo è fuori dalla stalla. Aiutatemi, ok? (Risate) Il dentifricio è uscito dal tubetto. Voglio dire, mica lo ricacciamo dentro. Il mondo aperto sta portando acquisizione di potere e libertà. 12:23Penso, che alla fine di queste quattro giornate, arriverete a questa conclusione: l’arco della storia è positivo, ed è rivolto verso l’apertura. 12:32Se tornate indietro di qualche centinaio di anni, in tutto il mondo la società era molto chiusa. Era di tipo agrario, i mezzi di produzione e il sistema politico era quello del feudalesimo, e la conoscenza era concentrata nelle mani di chiesa e nobiltà. La gente non sapeva tante cose. Non c’era alcun concetto di progresso. Si nasceva, si viveva e si moriva. 12:51Poi arrivò Johann Gutenberg con la sua grande invenzione, e, col tempo, la società si aprì. La gente iniziò a imparare, e quando questo accadeva, le istituzioni della società feudale apparivano in stallo, congelate o in scacco. Non aveva senso che la chiesa fosse responsabile della medicina quando le persone avevano le conoscenze. 13:11Arrivò la riforma protestante. Martin Lutero definì la macchina da stampa “Il più grande atto di grazia di Dio.” La creazione di una corporazione, la scienza, l’università, e infine la Rivoluzione Industriale. Tutto fu un bene, 13:25ma aveva un costo. 13:27E adesso, ancora una volta, il genio della tecnologia è uscito dalla lampada, ma questa volta è diverso.La macchina da stampa ci diede accesso alla parola scritta. Internet consente a ognuno di noi di diventare un produttore. La macchina da stampa ci diede accesso alla conoscenza registrata. Internet ci dà accesso, non solo alle informazioni e alla conoscenza, ma all’intelligenza contenuta nella testa di altre persone su scala globale. 13:51Per me, questa non è un’era dell’informazione, è un’era dell’intelligenza in rete. È un’era di ampie promesse, un’era di collaborazione, dove i confini delle nostre organizzazioni stanno cambiando, di trasparenza, dove la luce del sole sta disinfettando la civiltà, un’era di condivisione e comprensione il nuovo potere del popolo, ed è un’era di acquisizione di poteri e di libertà. 14:25Adesso, vorrei, in chiusura, condividere alcune ricerche che ho condotto. Ho tentato di studiare tutti i tipi di organizzazione per comprendere come sarà il futuro, ma di recente ho studiato la natura. 14:42Come sapete, le api si muovono in sciami e i pesci in branchi. Gli storni, nell’area attorno a Edinburgo,nelle brughiere dell’Inghilterra, si muovono nel cosidetto stormo, e lo stormo fa riferimento allo stornire delle ali degli uccelli, e per tutta la giornata gli storni stanno lassù in un raggio di 20 miglia e compiono i loro voli di storni. La sera si raccolgono per dar vita a uno degli eventi più spettacolari di tutta la natura, la danza di uno stormo di storni. Gli scienziati che hanno studiato questo fenomeno ducini che non hanno mai visto un incidente. Questa danza svolge una funzione. Protegge gli uccelli. Qui, a destra, potete vedere un predatore che fugge inseguito dalla forza collettiva degli uccelli, e apparentemente si tratta di qualcosa di terrificante per un predatore di storni. C’è una leadership, ma non c’è un singolo leader. 15:36Si tratta forse di una qualche bizzarra analogia, o possiamo imparare qualcosa da tutto ciò? Beh, la danza di uno stormo di storni serve a enucleare una serie di principi, che essenzialmente sono i principiche vi ho descritto oggi. È un tipo di collaborazione immane. È apertura, è condivisione, di tutti i tipi di informazione, non solo riguardo la posizione, la traiettoria, il pericolo e così via, ma anche sulle fonti di cibo. E c’è un vero e proprio senso di interdipendenza, e i singoli uccelli in qualche modo comprendonoche i loro interessi sono nell’interesse della collettività. 16:12Forse anche noi dovremmo capire che l’economia non può prosperare in un mondo che sta fallendo. 16:20Beh, guardo questo spettacolo, e mi riempio di speranza. Pensate ai giovani della Primavera araba, là sta accadendo qualcosa di simile. 16:33Immaginate. Provate a prendere in considerazione questa idea. E se potessimo connetterci in questo mondo attraverso un’immensa rete di aria e vetro? Riusciamo ad andare oltre la condivisione delle informazioni e della conoscenza? Possiamo iniziare a condividere la nostra intelligenza? Siamo in grado di creare una sorta di intelligenza collettiva che superi quella di un individuo, un gruppo o un team per creare, forse, una sorta di consapevolezza su scala globale? Se ci riuscissimo, potremmo affrontare alcuni grandi problemi mondiali. 17:07Guardo questo e — non so, mi dà molta speranza, forse questo mondo più piccolo, aperto e in rete che erediteranno i nostri figli sarà migliore, e questa nuova era di intelligenza in rete potrebbe essere un’era di promesse realizzate e non di reciproche minacce. 17:28Mettiamoci al lavoro. Grazie. Don Tapscott Ted Conference Barbaros.it Vogliamo essere un nodo passate che sia un’accellerazione verso il futuro. Vogliamo che ogni entità che entri in contatto con noi subisca un’accellerazione innovativa. Seguendo l’idea di mondo con i nostri strumenti e modalità. Si c’è una proposta di modo, e per definizione il modo e i valori stessi sono sbagliati o quanto meno temporanei o confinati nello spazio, ma se non si entra nella modalità si rimane nell’astrattezza. Si va per prove ed errori, Entrando nella modalità si costruiscono altre verità assolute, altri regolamenti, lo facciamo con la spensieratezza di chi non ha paura di vivere. BARBAR